Stabilimento del dominio degli Stati Uniti
Dopo l’arrivo dei missionari, una piccola ma potente minoranza “bianca” iniziò ad esercitare un potere sempre maggiore sulla monarchia hawaiana. Questa minoranza spinse al re Kamehameha III una costituzione scritta nel 1840 e, cosa più importante, la Grande Mahele, o divisione delle terre, nel 1848, che garantiva la proprietà privata dei beni. Kamehameha III sostenne insulti alla sua sovranità sia dai francesi che dagli inglesi. Gli interessi degli Stati Uniti divennero comunque preponderanti negli anni successivi, culminando nella firma del Trattato di Reciprocità del 1875, essenzialmente un accordo di libero scambio tra gli Stati Uniti e le Hawaii in cui i primi garantivano un mercato senza dazi per lo zucchero hawaiano e i secondi davano agli Stati Uniti speciali privilegi economici che erano negati ad altri paesi. (Quando il trattato fu rinnovato nel 1887, gli Stati Uniti ricevettero il diritto esclusivo di entrare e stabilire una base navale a Pearl Harbor.)
Re Kalakaua, che sarebbe stato l’ultimo re delle Hawaii, aveva fatto pressione per il Trattato di Reciprocità. Perse l’appoggio della classe dei piantatori a causa dei suoi tentativi di far rivivere la cultura hawaiana e a causa delle sue spese sregolate. Nel 1887 una compagnia di truppe “bianche”, gli Honolulu Rifles, contribuì a imporgli la Costituzione della Baionetta, che limitava severamente i suoi poteri e che permetteva il suffragio ai residenti più ricchi (che erano generalmente americani o europei). Quando il suo successore, la regina Liliuokalani, sembrò abrogare quella costituzione, il Comitato di Sicurezza, un gruppo di uomini d’affari americani ed europei, alcuni dei quali erano cittadini del regno, prese il potere nel 1893, con l’aiuto di una compagnia di marines americani della USS Boston, alla fonda nel porto. Il governo degli Stati Uniti, sotto il presidente Grover Cleveland, rifiutò di annettere il territorio, tuttavia, notando che il rovesciamento della monarchia era un “atto di guerra” compiuto contro la volontà popolare utilizzando la forza armata degli Stati Uniti. Ne seguì una repubblica di breve durata (un’oligarchia di uomini d’affari americani ed europei), finché l’amministrazione del presidente William McKinley annesse le isole come territorio statunitense nel 1900.
Come territorio statunitense, le Hawaii fino al 1940 furono caratterizzate da una rapida crescita della popolazione, dallo sviluppo di un’economia di piantagione basata sulla produzione di zucchero e ananas per il consumo sulla terraferma statunitense e dalla crescita dei trasporti e dei collegamenti militari. Cominciarono ad emergere movimenti per la statalizzazione, basati in parte sull’obbligo delle Hawaii di pagare le tasse degli Stati Uniti senza avere una corrispondente rappresentanza legislativa. L’attacco giapponese a Pearl Harbor, il 7 dicembre 1941, portò non solo le Hawaii ma gli Stati Uniti nel loro complesso nella Seconda Guerra Mondiale, e le isole furono assalite da una recrudescenza dell’attività militare e da una riduzione a volte controversa delle libertà civili. Il periodo successivo al 1945 fu segnato da un ulteriore consolidamento economico e da un lungo percorso costituzionale verso la statualità, uno status finalmente raggiunto nel 1959.