Queste foto strazianti guardano all’interno dei manicomi del XIX e XX secolo e rivelano quanto fossero inquietanti le loro condizioni un tempo.
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“Il grado di civiltà di una società,”, recita la frase immortale del romanziere russo Fëdor Dostoevskij, “si può giudicare entrando nelle sue prigioni.” Ma forse questa frase si applica anche a un’altra classe di istituzioni destinate a ospitare coloro che sono ritenuti inadatti alla società: i manicomi.
E per secoli – fino a oggi, in alcuni luoghi – la qualità della maggior parte dei manicomi, almeno quelli della tradizione europea, ha rivelato un grado di civiltà molto basso.
Solo alla fine del XVIII secolo alcuni medici in Francia e in Inghilterra, tra cui Philippe Pinel e William Tuke, portarono avanti l’idea, allora rivoluzionaria, di eliminare le catene e le punizioni corporali.
Non è stato fino al Lunacy Act inglese del 1845 che un governo ha designato per la prima volta ufficialmente i malati di mente come veri e propri pazienti bisognosi di cure.
E fu solo a metà del XIX secolo che Francia, Inghilterra e Stati Uniti stabilirono per la prima volta dei manicomi pubblici, gestiti dallo stato, con una supervisione governativa e comitati per indagare sugli abusi – la cui portata non sarà mai veramente nota.
Naturalmente, l’abuso, l’abbandono e il maltrattamento nei manicomi non finirono a metà del XIX secolo – al contrario. Mentre le strutture per i malati mentali erano ormai istituzionalizzate, la fine del XIX e il XX secolo portarono molti nuovi problemi.
Per esempio, la crescita della psichiatria come disciplina significò più diagnosi e quindi più pazienti da inserire in strutture che stavano diventando sempre più sovraffollate. Allo stesso modo, la crescita della psichiatria ha significato più medici che sviluppavano più procedure che sembravano sempre più radicali durante l’inizio e la metà del XX secolo, il che ci ha dato la terapia dell’elettroshock e la lobotomia, tra gli altri.
Al tempo stesso, l’ascesa del fascismo e del totalitarismo in Europa ha dato origine a un’ondata di abusi politicamente motivati nei manicomi, con regimi potenti come quelli della Germania nazista, del blocco sovietico e del Sudafrica dell’epoca dell’apartheid che istituzionalizzavano sommariamente i sospetti nemici dello stato e/o creavano programmi eugenetici per eliminare coloro che erano veramente malati di mente.
Ma anche in casi non così estremi, anche nei manicomi da giardino (un termine ormai caduto in disuso) dell’Europa e dell’America del XX secolo, le condizioni istituzionali erano spesso sorprendenti per gli standard odierni: lobotomie eseguite con picconi da ghiaccio riutilizzati, pazienti incatenati a lastre di cemento, bambini in camicia di forza legati a radiatori e peggio.
Lasciate che le foto strazianti qui sopra vi riportino ad un’epoca relativamente benestante nell’assistenza psichiatrica – un’epoca che non era poi così tanto tempo fa.
In seguito, guardate 37 ritratti inquietanti della vita nei manicomi vittoriani. Poi, entra in uno dei manicomi più infami di tutti i tempi con questo sguardo al Bethlem Royal Hospital, più comunemente conosciuto come “Bedlam”.