Abstract
La regola di Dillon è stata una dottrina guida nelle relazioni costituzionali tra stato e governo locale per più di un secolo. In poche parole, essa dichiara che le giurisdizioni locali sono creature dello Stato e possono esercitare solo quei poteri espressamente concessi loro dallo Stato. Storicamente, questa dottrina ha rappresentato una risposta ai cambiamenti rivoluzionari della seconda metà del diciannovesimo secolo ed era parte della lotta per controllare e riconciliare le richieste spesso contrastanti del vecchio e del nuovo. Anche se non sempre ad un ritmo costante, la centralizzazione dello stato aumentò durante questo periodo. Alla fine emerse un contromovimento, identificato con i sostenitori dell’home rule. Quest’ultimo, tuttavia, ebbe solo un impatto minore nell’arrestare l’erosione dell’autonomia locale. Di fronte alle schiaccianti forze politiche, economiche e sociali del ventesimo secolo che promuovevano la centralizzazione, la controversia costituzionale nata con la Regola di Dillon divenne meno rilevante come determinante delle relazioni stato-locale. Il tipo di centralizzazione che alla fine emerse fu quello in cui il potere era concentrato in burocrazie funzionalmente definite che essenzialmente trascendevano i livelli di governo geograficamente definiti. Il riconoscimento di questo sviluppo favorì nuovi movimenti di home rule mirati a indebolire la presa delle burocrazie professionali e a restituire una maggiore autorità discrezionale ai funzionari politici a livello locale. Programmi come la guerra alla povertà, le città modello e la condivisione delle entrate rappresentano i tentativi di diminuire l’influenza delle burocrazie sulla politica locale.
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