Carità
char’-i-ti (agape):
1. Una nuova parola
2. Un nuovo ideale
3. Un termine apostolico
4. Equivalenti latini
5. Traduzione inglese
6. Motivo interiore
7. Carattere
8. Ideale ultimo
9. Elemosina
10. Tolleranza
Nella versione di Re Giacomo in 26 luoghi da 1 Corinzi 8:1 in poi. La stessa parola greca, che appare nel Nuovo Testamento 115 volte, è tradotta altrove con “amore”. Una parola nuova:
Il sostantivo agape è principalmente, se non esclusivamente, una parola biblica ed ecclesiastica (vedi Deissmann, Bible Studies, 198), che non si trova negli scritti profani, anche se il verbo agapan, da cui deriva, è usato nel greco classico nel senso di “amore, fondato nell’ammirazione, venerazione, stima, come il latino diligere” (Grimm-Thayer), piuttosto che emozione naturale (latino, amare).
2. Un nuovo ideale:
È una prova significativa del senso di un nuovo ideale e principio di vita che permeava la coscienza cristiana delle prime comunità, che esse abbiano reso attuale una nuova parola per esprimerlo, e che derivino questa parola, non dal linguaggio corrente o filosofico della morale greca, ma dalla Septuaginta.
3. Un termine apostolico:
Nel Nuovo Testamento la parola è apostolica, e appare prima e prevalentemente negli scritti paolini. Si trova solo due volte nei Sinottici (Matteo 24:12; Luca 11:42), e sebbene in entrambi i luoghi sia messa in bocca al Salvatore, si può facilmente capire come il linguaggio di un tempo successivo possa essere stato usato dal narratore, quando si considera che questi vangeli furono compilati e ridotti per iscritto molti anni dopo la diffusione delle epistole paoline. La parola non si trova in Giacomo, Marco o Atti, ma appare in Paolo 75 volte, in Giovanni 30 volte, in Pietro 4 volte, in Giuda due volte e in Ebrei due volte. Gesù Cristo ha dato la cosa e lo spirito nella chiesa, e gli apostoli (probabilmente Paolo) hanno inventato il termine per esprimerlo.
4. Equivalenti latini:
Quando Girolamo venne a tradurre il Testamento greco in latino, non trovò in quella lingua nessuna parola per rappresentare agape. Amor era troppo volgare, ed egli ripiegò su dilectio e caritas, parole che, tuttavia, nei loro significati originali erano troppo deboli e incolori per rappresentare adeguatamente agape. Nessun principio sembra averlo guidato nella scelta dell’una o dell’altra parola in luoghi particolari.
5. Traduzione inglese:
Caritas in inglese è diventato “carità”, ed è stato ripreso dai traduttori inglesi dal Vulg, sebbene non con alcuna regolarità, né per quanto si possa giudicare, secondo alcun principio definito, tranne che è usato di agape solo nell’uomo, mai come denota una qualità o azione di Dio, che è sempre tradotto con “amore”. Quando agape è tradotto con “carità” significa o
(1) una disposizione nell’uomo che può qualificare il proprio carattere (1 Corinzi 8:1) ed essere pronto ad andare verso Dio (1 Corinzi 8:3) o agli uomini; oppure
(2) una relazione attiva e attuale con altri uomini, generalmente all’interno della chiesa (Colossesi 3:14; 1 Tessalonicesi 3:6; 2 Tessalonicesi 1:3; 1 Timoteo 1:5; 4:12; 1 Pietro 4:8; 5:14), ma anche assolutamente e universalmente (1 Corinzi 13). Nelle prime epistole si erge prima e unica come il principio supremo della vita cristiana (1 Corinzi 13), ma negli scritti successivi è enumerata come una delle virtù cristiane (1 Timoteo 2:15; 2 Timoteo 2:22; 3:10; Tito 2:2; 2 Pietro 1:7; Apocalisse 2:19).
6. Motivo interiore:
Nel salmo d’amore di Paolo (1 Corinzi 13) esso è esposto come un principio interiore in contrasto con la profezia e la conoscenza, la fede e le opere, come il motivo che determina la qualità di tutta la vita interiore, e dà valore a tutte le sue attività. Se un uomo avesse tutti i doni dei miracoli e dell’intelletto, e compisse tutte le opere di bontà e di devozione, “e non avesse l’amore, non servirebbe a nulla”, perché sarebbero puramente esteriori e legali, e privi della qualità della scelta morale e della relazione personale che danno alla vita il suo valore (1 Corinzi 13:1-3). L’amore stesso definisce il rapporto dell’uomo con gli uomini come generoso, tollerante e indulgente.
7. Carattere:
“L’amore soffre a lungo ed è gentile; l’amore non invidia” (1 Corinzi 13:4). Determina e definisce il carattere e la personalità di un uomo. Non è vanaglorioso e arrogante, ma dignitoso, puro, santo, coraggioso e sereno. Il male non può provocarlo né il male deliziarlo. Sopporta allegramente tutte le avversità e segue il suo corso nella fiduciosa speranza (1 Corinzi 13:4). È la virtù finale, l’ultimo ideale di vita. Molte delle attività della vita cessano o cambiano, ma “l’amore non fallisce mai”
8. Ideale ultimo:
Ad esso sono subordinate tutte le altre grazie e virtù. “Ora dimorano la fede, la speranza, l’amore, questi tre; e il più grande di essi è l’amore” (1 Corinzi 13:8-13). In un solo passo del Nuovo Testamento (3 Giovanni 1:6) l’agape sembra avere un significato che si avvicina al successivo significato ecclesiastico di carità come elemosina.
9. Con il crescente legalismo della chiesa e la prevalenza di ideali monastici di moralità, caritas arrivò a significare proprio l’opposto dell’agape di Paolo – solo “il dare dei beni per nutrire i poveri”, che “senza amore non serve a nulla”. Attualmente, la parola significa o liberalità verso i poveri, o tolleranza nel giudicare le azioni degli altri, entrambe qualità dell’amore, ma molto inadeguate ad esprimere la sua totalità.
10. Tolleranza:
I Revisori hanno quindi accuratamente abbandonato la parola e l’hanno sostituita con “amore” in tutti i passaggi. È interessante notare che in gallese si è verificato il processo inverso:
cariad (dal latino caritas) è stato usato dappertutto per tradurre agape, con il risultato che, sia nel linguaggio religioso che in quello ordinario, la parola si è affermata così saldamente da spodestare quasi la parola nativa “serch.”
T. Rees